Scuola: tornano le scuole "speciali"

Ripreso da paternità oggi

"N.d.R. La scuola non è per tutti, sembrerebbe cosi da questo articolo. Una legge del '94 ha stabilito che gli alunni con handicap di varia natura hanno il diritto di frequentare le scuole "normali" affinchè gli alunni con difficoltà possano integrarsi e non essere ghettizzati. Per quanto questa legge sia all'avanguardia in Italia e nel mondo, non è supportata da fatti concreti. Gli insegnanti di sostegno mancano o se ci sono vengono sostituiti o spostati frequentemente. Molti genitori di bambini con difficoltà, stanno pensando seriamente di abbandonare la scuola pubblica "normale" e ritornare ad iscrivere i propri figli in scuole "speciali".
In questo articolo vengono trattate le motivazioni di questa giungla educativa"



Monica di Varese: «Ho provato per tre anni ma questa scuola non fa per noi. La mia bambina si è resa conto di non essere “normale” e ha perso l’autostima. Per questo, l’anno prossimo la manderò in una scuola speciale. Ho trovato una molto bella con tutti i tipi di supporto e personale qualificato; ma soprattutto ho visto bambini sorridenti, felici di essere lì. Ci credevo nell’integrazione e sono prontissima a ritornare sui miei passi se le cose cambieranno». Aggiunge Laura di Vicenza, mamma di un bambino autistico: «Durante la ricreazione Simone sta sempre da solo, mentre i compagni giocano per conto loro senza coinvolgerlo: è questa l’integrazione? L’anno scorso mio figlio ha cambiato due insegnanti di sostegno. E dire che stava facendo progressi. Ogni docente che se ne va è un passo indietro. Se ne trovassi una, lo manderei in una scuola speciale con insegnanti specializzati in grado di comprendere perché il bambino si prende a pugni o batte la testa».

GENITORI DELUSI - Laura e Monica non sono due voci fuori dal coro, ma l’espressione di un disagio sempre più diffuso tra i genitori, delusi da una scuola che non riesce ad accogliere i loro bambini «speciali», perché mancano gli strumenti per farlo. Classi sovraffollate, docenti di sostegno precari che lavorano a incarico passando da una scuola all’altra, scarsa formazione degli insegnanti curricolari sull’integrazione, barriere ancora non rimosse nonostante la preiscrizione avvenga 6-7 mesi prima dell’inizio dell’anno scolastico. E poi, negli ultimi mesi battaglie a colpi di carta bollata e raccomandate, con ricorsi ai tribunali regionali amministrativi per ottenere le ore di sostegno tagliate. Così i genitori si convincono che i loro figli potrebbero stare meglio in strutture specializzate e, forse, è arrivato il momento di abbandonare la «scuola di tutti». Eppure sull’inclusione scolastica il nostro Paese è tra i più avanzati al mondo. Da oltre 30 anni ha tracciato la strada verso l’integrazione, superando con leggi ad hoc il modello delle scuole speciali, anche se il testo unico del ‘94 non le ha abolite.

A VOLTE RITORNANO - Una decina di anni fa le frequentavano circa 5 mila alunni. Oggi ce ne sono ancora, anche se non si sa quante siano. Manca un censimento aggiornato perché - dicono al Ministero dell’Istruzione – ormai sono in via di estinzione. Alcune hanno cambiato denominazione, come le scuole per sordi. La principale, per esempio, si chiama Istituto di istruzione specializzata per sordi (Isiss) e riunisce più istituti di istruzione statali: dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado. È a Roma, Padova, Torino e accoglie circa 500 alunni in 55 classi. Spiega il dirigente scolastico Francesco Di Tullio: «In ogni classe ci sono massimo 8 alunni, tutti sordi. È specializzata perché la didattica avviene con metodologie specifiche. Tutte le sedi hanno attrezzature informatiche e multimediali, come per esempio lavagne interattive». Esistono anche «speciali» paritarie, come per esempio la scuola Fortunata Gresner a Verona, gestita dalle suore della compagnia di Maria. Gratuita fino a qualche anno fa, ora si paga una quota annua di 200 euro, per il mancato rinnovo di convenzioni con gli enti locali. È organizzata in classi ordinarie integrate e gruppi-classe di alunni disabili, con una programmazione «su misura» e momenti di integrazione con gli studenti normodotati. La struttura fornisce anche altri servizi, come logopedia, fisioterapia, riabilitazione in acqua, mensa, trasporto, centro estivo ludico con prolungamento dell’anno scolastico al 31 luglio. Altre scuole «speciali» sono diffuse a macchia di leopardo in tutta Italia.

AMBIENTE «NORMALE» O «PROTETTO»? - «Se prima erano un’esigua minoranza, oggi si stanno di nuovo diffondendo perché i genitori non trovano nella scuola risposte adeguate per i loro figli - dice Salvatore Nocera, vicepresidente della Federazione italiana per il superamento dell’handicap (Fish) - . Pensano, infatti, che possano essere meno discriminati e meglio seguiti in scuole speciali». Insomma, più protetti. Eppure si scelse l’integrazione perché si preferì inserire i ragazzi disabili in un ambiente normale piuttosto che protetto. Una scelta all’avanguardia e vincente, a dire degli esperti. Spiega Renzo Vianello, docente di psicologia dello sviluppo e disabilità cognitive all’università di Padova e presidente del Cnis (Coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati): «È vero che nel nostro Paese ci sono molti problemi, ma i genitori farebbero un errore gravissimo a mandare i loro figli alle «speciali». Decenni di studi dimostrano che la variabile «vivere nella normalità» compensa questi difetti rispetto all’alternativa «ambiente protetto» delle scuole speciali. Abbiamo constatato, infatti, che i ragazzi con sindrome Down inseriti in classi normali presentano un quoziente intellettivo superiore ai coetanei di altri Paesi che frequentano invece scuole speciali –continua l’esperto - . La presenza in classe di ragazzi normodotati aiuta a sviluppare l’intelligenza ma ha anche un effetto «surplus» sull’età mentale, ovvero, rispetto a quello che predicono i test di intelligenza, sono migliori sia le prestazioni scolastiche sia le capacità di adattamento nella vita».

PROBLEMA DI COSTI? - Aggiunge Raffaele Iosa, ispettore scolastico in Emilia Romagna: «In Germania dove i ragazzi down, inseriti nelle scuole speciali, hanno un quoziente intellettivo inferiore del 30% rispetto ai coetanei italiani, si spende comunque il doppio rispetto al nostro Paese». Già, i costi: stanno davvero condizionando l’istruzione italiana, mettendo a rischio anche l’integrazione scolastica? «Di sicuro il mondo della scuola sta vivendo una fase di sofferenza e le famiglie ne risentono – dice Beniamino Lami della Cgil scuola - . Diminuiscono insegnanti, compresenza, tempo scuola, mentre aumentano in aula sia gli alunni normodotati che quelli disabili. Ma il ritorno alle scuole speciali sarebbe un rimedio peggiore del male».

AULE SOVRAFFOLLATE E CLASSI «H» – L’attuale normativa prevede che in una classe con 20- 25 alunni possa essere inserito un solo studente disabile, se invece ci sono due alunni disabili la classe deve essere composta da meno di 20 ragazzi. «Nessuna classe che accoglie alunni disabili sarà costituita da più di 20 alunni e non sarà diminuito il numero degli insegnanti di sostegno», ribadiva una nota diramata l’anno scorso dal Ministero della pubblica istruzione. «Di fatto, però, non è stato così – ribatte Nocera -. Le classi sovraffollate sono un po’ dappertutto. Secondo gli stessi dati del Ministero, aggiornati allo scorso gennaio, sono ben 5500 le classi in cui sono presenti più di 2 alunni disabili». «In Campania, secondo un monitoraggio dell’assessorato all’istruzione, ci sono oltre 950 classi composte da tre o più alunni disabili e da oltre 30 alunni normodotati - aggiunge Antonio Nocchetti, presidente di Tuttiascuola, associazione che raggruppa genitori di ragazzi disabili - .La situazione prefigura il ritorno alle classi differenziali». Già agli inizi dell’anno scolastico la Fish aveva denunciato la presenza in diverse scuole italiane di 5-6 bambini disabili concentrati in una sola classe. Significa che «gli insegnanti difficilmente possono occuparsi degli alunni con disabilità per cui i genitori chiedono più ore di sostegno - fa notare Nocera -. Ma, d’altro canto, anche un eccesso di ore sarebbe contrario all’integrazione».

FORMAZIONE CARENTE - Il bambino disabile, infatti, va preso in carico da tutto il team scolastico, come prevedono anche le linee guida ministeriali. Ma la formazione sulle tematiche della disabilità spesso è carente: riguarda appena il 30% dei dirigenti scolastici e degli insegnanti curricolari, secondo dati 2006 dell’Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione). «Non c’è nessun obbligo, così capita che docenti impreparati sull’integrazione scaricano i problemi sui colleghi di sostegno. E, se questi mancano o continuano a cambiare, i genitori giustamente sono disperati – dice Paolo Fasce, insegnante di sostegno e rappresentante del comitato precari liguri della scuola - . La scarsa continuità didattica, però, pesa maggiormente proprio sui bambini più fragili».

SOSTEGNO DIMEZZATO – Altra nota dolente: le ore di sostegno dimezzate. I genitori hanno fatto ricorso ai Tar di tutta Italia, ottenendo quasi sempre il ripristino delle ore di sostegno. Dice Marisa Melis del forum nazionale «Genitori tosti in tutti i posti»: «Mia figlia aveva avuto 9 ore di sostegno invece delle 18 dell’anno scorso. Ho fatto ricorso al Tar e ho vinto. Purtroppo, a volte devi scontrarti con dirigenti scolastici che non conoscono la normativa o non vogliono applicarla. Per esempio, l’assistente all’igiene personale manca quasi dappertutto. Chi accompagna il bambino al bagno? Per i collaboratori scolastici erano previsti dei corsi di formazione; non essendo obbligatori, li hanno fatti in pochi».

SENTENZA DELLA CORTE IN GAZZETTA – A ribadire il diritto allo studio degli alunni disabili è intervenuta anche la Corte Costituzionale. In una recente sentenza, la n. 80 del 26 febbraio, ha dichiarato illegittimi sia il limite massimo fissato per i posti di insegnante di sostegno sia il divieto di assumerli a tempo determinato, in deroga al rapporto tra docenti e studenti stabilito dalla normativa, nel caso in cui ci siano studenti disabili gravi in classe. La sentenza è stata pubblicata il 3 marzo in Gazzetta Ufficiale «La Corte riafferma che non ci sono bilanci che tengano in presenza di un diritto costituzionale garantito, qual è quello allo studio – commenta Nocera -. Qualcosa dovrà cambiare, se non ora, almeno col nuovo anno scolastico».

fonte: corriere.it
articolo di Maria Giovanna Faiella

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